Si mangia per vivere, non si vive per mangiare

Si mangia per vivere, non si vive per mangiare
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domenica 14 febbraio 2016

Quanti modi di fare e rifare: le graffette di patate di Anisja, versione senza glutine


La bella iniziativa di Anna ed Ornella questo mese ci porta nella cucina profumata di Anisja, per una leccornia che mi ha ispirato fin dalla prima foto. Mi hanno fatto pensare, le sue graffette di patate, a quelli che in toscana chiamano frati (e che durante le 10 edizioni della festa della Pentolaccia dell'Associazione Italiana Celiachia abbiamo preparato e fritto a centinaia e centinaia alla volta), ciambelline fritte e zuccherate che se mangiate calde si sciolgono letteralmente in bocca. 

Incuriosita dall'introduzione delle patate, ho seguito quasi alla lettera la ricetta, se si esclude il fatto che ho usato la metà delle dosi, ho aumentato leggermente la quantità di lievito e, considerato quanto poco reggono due lievitazioni le farine senza glutine, ho messo subito in forma l'impasto facendolo lievitare un'unica volta. Ho voluto inoltre provare una farina mai usata prima ma molto pubblicizzata da amiche celiache e blogger che seguo: il preparato senza glutine "Dalla Giovanna", speciale per dolci lievitati. Il risultato è stato fantastico, provare per credere!

La mia versione.

Ingredienti

250 gr di patate pesate con la buccia
350-400 gr di farina "Dalla Giovanna" Speciale per dolci lievitati
13 gr di lievito di birra
50 gr di burro morbido
50 gr di zucchero
2 uova intere
2 cucchiai di rhum
la buccia grattugiata di mezza arancia e di mezzo limone

Olio di semi di arachidi per friggere

Zucchero bianco e cannella in polvere per rifinire.



Procedimento:

Lessare le patate con la buccia, farle raffreddare, sbucciarle e schiacciarle con lo schiacciapatate. Trasferire il composto ottenuto nella ciotola della planetaria (io in realtà ho usato il Bimby, tasto spiga) ed impastare le patate con 300 gr di farina ed il lievito sbriciolato. continuando ad impastare unire lo zucchero, le uova, il rhum, il burro e le bucce grattugiate, aggiungendo poi tanta farina quanto basta ad ottenere un impasto morbido. A questo punto versare il tutto sulla spianatoia e lavorare con le mani, aggiungendo solo la farina necessaria ad ottenere un impasto che non rimanga attaccato alle dita e che si lavori facilmente. Non ho pesato la farina rimanente ma ne sono rimaste poche cucchiaiate.

Una volta pronto formare le graffette e le ciambelle: per le graffette, prendere un po' di impasto, allungarlo sulla spianatoia fino ad ottenere un cilindretto di circa 3-4 cm di spessore, chiudere sovrapponendo le estremità schiacciandole leggermente; per le ciambelle, stendere la pasta ad uno spessore di 3-4 cm, ritagliare le ciambelle e le palline con un coppapasta e con un tagliabiscotti piccolo.

Adagiare man mano le graffette e le ciambelle su un vassoio o sulla teglia del forno ricoperti di carta forno e mettere a lievitare in luogo ben caldo. Io ho messo tutto in forno, inserendo sul fondo una piccola ciotola con poca acqua, accendendo a 30°C circa e lasciando lievitare un paio d'ore, finché non ho visto l'impasto ben gonfio.



Friggere graffette, ciambelle e palline in abbondante olio di semi di arachidi, caldo ma non troppo, in modo che cuociano bene anche all'interno senza però diventare troppo scure all'esterno.  
Man mano che si tirano fuori dall'olio adagiarle su carta assorbente, farle scolare bene, poi rotolarle nel mix di zucchero e cannella.






Che dire.... mangiate calde erano semplicemente fantastiche, divine, una poesia. Il giorno dopo erano ovviamente un po' indurite ma è bastato passarle pochi secondi al microonde e rotolarle nuovamente nello zucchero e cannella per ritrovarne quasi intatta la fragranza, e continuare a.....





... leccarsi i baffi!!!!



Il prossimo mese l'appuntamento con Quanti modi di fare e rifare è nella cucina di Marina, per il tsoureki di nonna Andromeda..... Ragazze, una nuova sfida per le mie farine...... ma allora ditelo!!!


giovedì 4 febbraio 2016

Marmellata di arance e peperoncino



Fare una passeggiata in collina con gli amici, perdersi nel verde, incappare in un aranceto e non resistere alla tentazione di fronte a quegli alberi zeppi di frutti maturi e succosi... ebbene sì, lo confesso, siamo scappati via soffocando le risate, con gli zaini pieni di belle arance, mangiandone alcune per la strada mentre cercavamo di orientarci e di tornare verso il punto di partenza, per ritrovarci poi a dividere il bottino sentendo un lieve... ma solo lievissimo senso di colpa!!!

Spero di non finire in galera per questa pubblica confessione... semmai portatemi le arance, eh :)))


Erano buonissime... così ho deciso di farne una bella marmellata, ma dato che non ne faccio un grande uso ho preferito farne una da accompagnare ai formaggi, visto che ultimamente ho scoperto che oltre al miele un buon pecorino si sposa meravigliosamente con marmellate particolari come quella di cipolle, di peperoni o di vino. Marmellate che posterò in un secondo tempo, non troppo dolci, non troppo dense, in questo caso anche piccante, una vera poesia per il palato. 



Ingredienti: la buccia di un chilo circa di arance, un chilo di arance già pulite (quindi la sola polpa, senza buccia né semi e meno pellicina possibile), 350 gr di zucchero bianco, 350 gr di zucchero di canna, 1 peperoncino (io ho usato un habanero, piccantissimo).

 

Procedimento: pelare le arance con un coltellino affilato, asportando solo la parte colorata della buccia.



Eliminare tutta la parta bianca, le pellicine più grosse ed i semi. Arrivare ad un chilo e tagliare grossolanamente gli spicchi.



Tagliare a nastrini  molto sottili le bucce e sminuzzare il peperoncino privato del picciolo.
Aggiungere alla polpa di arance lo zucchero, il peperoncino e le bucce, e lasciar cuocere a fuoco lento per circa 40 minuti mescolando ogni tanto, poi fare la prova piattino: quando si pensa che la marmellata abbia raggiunto la giusta densità prendere un paio di cucchiai e spalmarli su un piattino, mettere in frigo per una decina di minuti poi controllarne la densità ed assaggiare. Se troppo liquida, far cuocere ancora. Se troppo densa, aggiungere acqua, riportare ad ebollizione e rifare la prova. 


Mentre la marmellata cuoce, preparare i barattoli lavandoli ed asciugandoli bene. Ritagliare altrettanti quadrati di carta-forno quanti sono i barattoli, in misura tale da ricoprire abbondantemente l'apertura dei barattoli.


Raggiunta la consistenza voluta, versare la marmellata nei barattoli subito dopo aver spento il fornello, quindi bollente. Coprire il barattolo con il quadrato di carta forno, stringere bene il coperchio e far raffreddare a capo in giù. Se ben chiusa, con questo sistema la marmellata si conserverà in luogo fresco per moltissimo tempo. 


Gli esperti dicono che la marmellata dovrebbe riposare una decina di giorni prima dell'uso.... io l'ho messa in tavola la sera stessa con un buon formaggio e l'ho trovato semplicemente fantastica, e non solo io: la dolcezza dell'arancio e dello zucchero, l'amarognolo delle bucce ed il piccante del peperoncino hanno conquistato tutti. Anche il formaggio più banale abbinato a questa marmellata diventa una leccornia da....



... leccarsi i baffi!!!